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Il matrimonio a termine salva l'amore

close up of faces3Il matrimonio deve scadere dopo sette anni, per legge, senza che nessuno dei coniugi lo chieda... 

Il matrimonio deve scadere dopo sette anni, per legge, senza che nessuno dei coniugi lo chieda. Dopo, se vogliono, possono risposarsi. In sette anni ogni matrimonio, salvo poche eccezioni, si logora, e i coniugi tirano avanti per non affrontare lo stress della separazione e le spese legali. E così vivono da infelici. Il matrimonio a termine è la loro liberazione. Una legge che istituisse il matrimonio a termine sarebbe benefica per l'umanità  laica.

E' la proposta della signora Gabriele Pauli, alto esponente della Csu, partito cristiano-conservatore della Baviera, alleato della Cdu della cancelliera Angela Merkel. In Germania la proposta è molto dibattuta e osteggiata, e la polemica dilaga in Europa.

Domanda:
che differenza c'è fra il matrimonio a termine e il divorzio?
Enorme. Il divorzio è una spaccatura dentro un'unione che doveva durare, perciò è un trauma per tutti (coniugi, parenti, figli), mentre la scadenza prestabilita non traumatizza nessuno, né coniugi né figli né parenti.

Pare un'idea improvvisa, e invece ha una storia alle spalle. In Scene da un matrimonio, Bergman dice che il matrimonio con scadenza salverebbe gli sposi dalla condizione di «analfabeti dei sentimenti», costretti a vivere nell'obbligo, che è la morte dell'amore. Bergman dice anche di più: è il marito che pianta moglie e figli e va a vivere con l'amante, ma dopo una lunga convivenza con l'amante gli viene nostalgia della moglie, torna da lei, pare un incontro casuale, senza necessità  e senza futuro, e invece i due finiscono a letto: la separazione li restituisce al ruolo di amanti. Dunque: è il matrimonio che spegne l'amore, non è che si odia la moglie, no, si odia il matrimonio: se rompi il matrimonio, quella che fu tua moglie ridiventa la tua amante. Del matrimonio a termine si parlava molto, da noi, quando girava un libriccino di David Cooper caro ai giovani, La morte della famiglia. Ne parlavano le femministe. Ne accenno anch'io, nella Donna dei fili, che è un romanzo-diario di una donna in analisi: la donna vede l'uscita dalla nevrosi nell'uscita dal matrimonio. 

Ermanno Olmi mi rimproverà quella soluzione, la guarigione gli sembrava un prezzo più alto della malattia.

Prima del matrimonio a termine si erano teorizzate la coppia aperta e la coppia provvisoria. Ma la coppia aperta urtava contro la gelosia, non smorzava la conflittualità  ma la scatenava. La coppia provvisoria non dava sicurezza, non era una coppia. Sulle coppie aperte nascevano le relazioni a tre, lui con un'altra, lei con un altro. Erano disgregate in partenza. Il matrimonio indissolubile lega ognuno dei due coniugi non all'altro coniuge, ma a un terzo elemento, che sta fuori della coppia ed è immutabile. E' l'immutabilità  di questo terzo elemento che fonda l'indissolubilità  del matrimonio. Il matrimonio indissolubile è un matrimonio a tre. E' nella natura del matrimonio a due, fondato sui sentimenti, che cambiano e muoiono, la previsione di una fine, e la signora Gabriele Pauli, che ha 50 anni e due divorzi alle spalle, propone di fissare questa fine con una legge, in modo che quando finisce un matrimonio non finisca per colpa di lui o di lei, ma perché quella è la sua scadenza: il latte non scade perché è mal conservato, ma perché di più non può durare. Coloro che si sposano più volte dicono che ogni convivenza è una nuova conoscenza, riparti da zero alla scoperta di un mistero. Coloro che restano tutta la vita in un solo matrimonio dicono che una persona non finisci mai di conoscerla: arriva il momento che la perdi e di lei non hai capito ancora nulla. Era la tesi di Olmi. Gli chiedevo: «Due devono restare insieme finché morte non li separi?», «Certo». «Nella ricchezza e nella miseria?», «Certo». «Nella salute e nella malattia?», «Io sono stato malato, e la presenza di mia moglie mi ha guarito».


Tratto da: La Stampa


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